Dante per Pupi Avati? “Quando l’espressione più pura del talento si tira fuori nel dolore!”
Pupi Avati con questo film ha ricostruito innanzitutto storicamente l’epoca del Due/Trecento in cui è vissuto l’Alighieri e lo fa in modo magistrale . Pochi frame e si viene catapultati nel “presente” di Dante (1265-1321) e Boccaccio. Già solo per questo, il film avrà un impatto positivo nelle scuole e tra gli studenti. Ma sì, perché questa, la ricostruzione storica, è cosa formidabile quando è fatta bene: davvero sublime “arte” è questa del fare cinema! Se non si tiene conto di questa evidenza si rischia nel giudizio su questo film di scivolare in astratte disquisizioni dantesche, e si finisce col dire soltanto quello che il film “non dice”, senza accorgersi invece di quello che il film dice e Avati qui ne dice di cose e belle pure e potenti! Poi è tutto vero quel che lo stesso regista sostiene nelle sue interviste, rilasciate ai vari “media”: si è tenuto lontano dalla Divina Commedia in quanto allegoria, perché ha voluto avvicinare Dante al nostro presente come uomo e come poeta e… c’è riuscito!! Era difficilissimo affrontare un film sul Nostro e lui l’ha saputo fare, percorrendo la sola strada percorribile per farlo cioè non “produrre” un film scontato e pacchiano: ha imboccato la strada di tutti quei bravi insegnanti ( cioè quelli che sanno suscitare nei ragazzi ammirazione passione e curiosità negli studi e per la cultura ) che per far incontrare i ragazzi con l’autore (e la sua opera) sono loro stessi per primi a fare l’incontro personale con l’ autore e la sua opera. Avati è un genio. Ad esempio, ha fatto “duettare” nella recitazione, con sobrietà per nulla scolastica quel capolavoro della Vita Nova, che è la poesia “Tanto gentile e tanto onesta pare”, tenendo sulla scena, visivamente alla distanza, Dante e Beatrice in un gioco di sorrisi e sguardi, che veniva esaltata ora dai versi ora dalla bravura dei due attori (Carlotta Gamba e Alessandro Sperduti) totalmente calati nei panni dei loro personaggi. Il film rispetta il genere propriamente biografico, ma in controluce vi si può leggere l’ispirazione- proprio nella narrazione della vita di Dante – che è alla base delle stesse tre cantiche della Commedia ( la dis/peranza ovvero la disperazione come luogo dell’Inferno; l’espiazione ovvero la speranza – certezza che è il purgatorio; e il compimento della speranza che è l’incontro con l’oggetto proprio del desiderio dell’uomo, che è Dio, ovvero il fine di tutti i “desiri”). Quante cose suggerisce questo film!! Non ultima quando si parla degli odii di cui vivevano i fiorentini, e non solo loro, al tempo delle lotta tra guelfi e ghibellini e che oggi prende mille forme sia nella politica, quando si diventa manichei e l’Altro diventa “il” nemico ( papa Francesco parlerebbe di cainismo!) o in tema di religione, quando ci si erge a “cristianisti” ovvero a inguaribili moralisti, per cui più importante dell’incontro vivo con una Presenza è discriminante la guerra senza quartiere alla modernità atea e immorale e alla depravazione di cui si tinge la secolarizzazione. In entrambi i casi-politica o religione– come nelle battaglie di Campaldino o di Montaperti o come nella “sacrilega e diabolica” guerra in Ucraina – in gioco c’è la folle alternativa : “o noi o loro!”. Dante ha creduto che si potesse andare “oltre e attraverso” l’assurdità di tale contrapposizione con il dare carne alla pax di Cristo, scommettendo tutto sulla bellezza e la poesia! Nessuna critica dunque al film?… certo che sì, di critiche ce ne sono ma non per metterlo sotto processo – sarebbe ingeneroso – per tutte quelle cose che Avati non dice. E non dice perché Egli ha voluto restituirci il Dante uomo, un Dante che si è consumato negli ultimi 20 anni di vita nel dolore e nell’amarezza, esiliato dalla sua patria, per motivi politici (per mano dei guelfi Neri e la complicità di Bonifacio VIII), un provvedimento che prevedeva pure la condanna a morte, ancorché profondamente ingiusto. Un Dante tirato giù dal piedistallo cui gli pseudo – dantisti lo avevano messo- altra forma di esilio, questa? – svestendolo della sua umanità, facendone un mito lontano dalla realtà e dal popolo di cui resta addirittura “padre per sempre” nella lingua! E comunque sollevare ciò che il film non dice non sarebbe onesto, ché la provocazione positiva è stare a quello che il film invece dice e vuol dire … a noi, e non divagare! Attori da Castellitto a Gamba a Sperduti tutti ben compresi nel loro ruolo e quindi tutti credibili, Sergio Castellitto su tutti … che in realtà è Pupi Avati sotto mentite spoglie: infatti la sceneggiatura è sua. Il film dura 94 minuti ma volano via e la colonna sonora del duo Gregoretti – De Rosa è in sintonia con le immagini e le loro “aure” vagheggiano in modo superbo il Medioevo.