Autore: Pippo Emmolo

Il GIUSTO? non uno “contro” ma sempre “PER”!

Si è svolta (10 marzo) in località Pontecurone (c/o Tortona) un’affollata manifestazione studentesca per la Giornata europea dei Giusti (6 marzo). Nel centro del paese è stata posta una targa a futura memoria di ben 8 nuovi Giusti, riconosciuti dalla Yad Vashem di Gerusalemme, tutti regolarmente religiosi appartenenti al carisma di San Luigi Orione, che è nato qui a Pontecurone. Questi religiosi, durante il II conflitto mondiale, precisamente dopo l’otto settembre, mentre c’era l’occupazione tedesca dell’Italia del Nord, hanno salvato centinaia di ebrei con relative famiglie dalla deportazione nei lager nazisti del Nord Europa.

La famiglia orionina su input di Pio XII aveva costituito una rete clandestina di uomini coraggiosi, ancorché preti o suore, che da Torino a Genova a Roma e nella zona di Alessandria operava, anche a rischio della propria vita per nascondere o far espatriare gli ebrei: don Carlo Sterpi, don Gaetano Piccinini, don Giambattista Lucchini, don Enrico Sciaccaluga, don Giuseppe Pollarolo, sr. Maria Manente, don Lorenzo Nicola, sr. Stalislaa Bertolotti. L’iniziativa degli studenti ha poi acquistato un significato particolare perché questa targa era stata “vandalizzata” l’anno scorso ad opera di balordi e poi perché nella targa è stato aggiunto un nome che prima non c’era, don Carlo Sterpi, che lo Yad Vashem di Gerusalemme solo di recente ha riconosciuto Giusto tra le nazione. A rendere particolarmente degna di nota l’iniziativa di quest’anno è stata la presenza-oltre un folto numero di abitanti- di ben 87 studenti delle scuole De Amicis e Zanardi di Pontecurone con i rispettivi insegnanti. Pur presenti le autorità, dal sindaco di Alessandria a quello di Pontecurone e i rappresentanti di numerose associazioni cittadine, sono stati gli studenti i protagonisti che, prendendo in pubblico il microfono, hanno fatto conoscere le gesta di questi Giusti, che loro avevano studiato in classe nelle ore di storia. E poi c’è stata per la prima volta la presenza del nuovo Vescovo di Tortona, Guido Marini che ha fatto capire ai ragazzi come oggi si diventa giusti. Prendendo lo spunto dai Giusti si è chiesto da dove questi abbiano potuto trovare il coraggio di rischiare la vita per gli altri, ebrei e non. La risposta poteva sembrare scontata: forse perché amando Cristo non potevano nn soccorrere il prossimo? Troppo scontato! Il vescovo ha precisato invece che bisogna stare attenti a quel che diceva don Carlo Sterpi, l’ultimo dei Giusti che è stato inserito nella nuova targa restaurata. Don Sterpi diceva sempre a se stesso : ” se seguo quell’uomo anch’io diventerò come lui”: si riferiva a San Luigi Orione, un gigante nell’aiutare il prossimo. Di lui si ricorda infatti che nel terremoto di Messina del 1908 si era precipitato laggiù – all’epoca un viaggio pericoloso- per assumere il ruolo di coordinamento dei soccorsi! Che dire poi anche del terremoto della Marsica dove si era occupato degli orfani ( adottandone un bel po’) che avevano perso i genitori sotto le macerie? Don Sterpi vedeva in don Orione un vero uomo. Il vescovo ha voluto con questi riferimenti sgomberare il campo da ogni equivoco: non si diventa uomini veri o non si va a Dio a forza di volontà e scrupoli ma seguendo il fascino e l’attrattiva di qualcuno che è vero, che è “giusto”. Tutti possiamo esser giusti, non solo perché ci si educa -come a scuola- con gli esercizi o, meglio, allenandosi a riconoscere volta per volta (e perciò a non tradire) ciò che è vero, che è buono, che è bello e giusto ma soprattutto seguendo chi su questa strada è più avanti di noi. E c’è sempre qualcuno che ci precede nell’essere più vero. Da qui l’invito del Vescovo Guido a fare ogni giorno la cosa “giusta”: seguire una amicizia giusta, amici giusti che son capaci di studiare- giocare- divertirsi avendo come scopo che nulla è più bello, perciò più umano, che dare la vita per gli altri, come lo stesso Gesù ha insegnato per primo …a tutti e anche a questi otto giusti!! Alla fine sono stati lanciati verso il cielo tanti palloncini quasi a ricordare che sotto questo stesso cielo ancora oggi muoiono tanti innocenti in terra ( vedi guerra in Ucraina e non solo) e in mare (vedi la tragedia di Cutro).

“Tu se’ lo mio maestro e ‘l mio autore”

Dante per Pupi Avati? “Quando l’espressione più pura del talento si tira fuori nel dolore!”

Pupi Avati con questo film ha ricostruito innanzitutto storicamente l’epoca del Due/Trecento in cui è vissuto l’Alighieri e lo fa in modo magistrale . Pochi frame e si viene catapultati nel “presente” di Dante (1265-1321) e Boccaccio. Già solo per questo, il film avrà un impatto positivo nelle scuole e tra gli studenti. Ma sì, perché questa, la ricostruzione storica, è cosa formidabile quando è fatta bene: davvero sublime “arte” è questa del fare cinema! Se non si tiene conto di questa evidenza si rischia nel giudizio su questo film di scivolare in astratte disquisizioni dantesche, e si finisce col dire soltanto quello che il film “non dice”, senza accorgersi invece di quello che il film dice e Avati qui ne dice di cose e belle pure e potenti! Poi è tutto vero quel che lo stesso regista sostiene nelle sue interviste, rilasciate ai vari “media”: si è tenuto lontano dalla Divina Commedia in quanto allegoria, perché ha voluto avvicinare Dante al nostro presente come uomo e come poeta e… c’è riuscito!! Era difficilissimo affrontare un film sul Nostro e lui l’ha saputo fare, percorrendo la sola strada percorribile per farlo cioè non “produrre” un film scontato e pacchiano: ha imboccato la strada di tutti quei bravi insegnanti ( cioè quelli che sanno suscitare nei ragazzi ammirazione passione e curiosità negli studi e per la cultura ) che per far incontrare i ragazzi con l’autore (e la sua opera) sono loro stessi per primi a fare l’incontro personale con l’ autore e la sua opera. Avati è un genio. Ad esempio, ha fatto “duettare” nella recitazione, con sobrietà per nulla scolastica quel capolavoro della Vita Nova, che è la poesia “Tanto gentile e tanto onesta pare”, tenendo sulla scena, visivamente alla distanza, Dante e Beatrice in un gioco di sorrisi e sguardi, che veniva esaltata ora dai versi ora dalla bravura dei due attori (Carlotta Gamba e Alessandro Sperduti) totalmente calati nei panni dei loro personaggi. Il film rispetta il genere propriamente biografico, ma in controluce vi si può leggere l’ispirazione- proprio nella narrazione della vita di Dante – che è alla base delle stesse tre cantiche della Commedia ( la dis/peranza ovvero la disperazione come luogo dell’Inferno; l’espiazione ovvero la speranza – certezza che è il purgatorio; e il compimento della speranza che è l’incontro con l’oggetto proprio del desiderio dell’uomo, che è Dio, ovvero il fine di tutti i “desiri”). Quante cose suggerisce questo film!! Non ultima quando si parla degli odii di cui vivevano i fiorentini, e non solo loro, al tempo delle lotta tra guelfi e ghibellini e che oggi prende mille forme sia nella politica, quando si diventa manichei e l’Altro diventa “il” nemico ( papa Francesco parlerebbe di cainismo!) o in tema di religione, quando ci si erge a “cristianisti” ovvero a inguaribili moralisti, per cui più importante dell’incontro vivo con una Presenza è discriminante la guerra senza quartiere alla modernità atea e immorale e alla depravazione di cui si tinge la secolarizzazione. In entrambi i casi-politica o religione– come nelle battaglie di Campaldino o di Montaperti o come nella “sacrilega e diabolica” guerra in Ucraina – in gioco c’è la folle alternativa : “o noi o loro!”. Dante ha creduto che si potesse andare “oltre e attraverso” l’assurdità di tale contrapposizione con il dare carne alla pax di Cristo, scommettendo tutto sulla bellezza e la poesia! Nessuna critica dunque al film?… certo che sì, di critiche ce ne sono ma non per metterlo sotto processo – sarebbe ingeneroso – per tutte quelle cose che Avati non dice. E non dice perché Egli ha voluto restituirci il Dante uomo, un Dante che si è consumato negli ultimi 20 anni di vita nel dolore e nell’amarezza, esiliato dalla sua patria, per motivi politici (per mano dei guelfi Neri e la complicità di Bonifacio VIII), un provvedimento che prevedeva pure la condanna a morte, ancorché profondamente ingiusto. Un Dante tirato giù dal piedistallo cui gli pseudo – dantisti lo avevano messo- altra forma di esilio, questa? – svestendolo della sua umanità, facendone un mito lontano dalla realtà e dal popolo di cui resta addirittura “padre per sempre” nella lingua! E comunque sollevare ciò che il film non dice non sarebbe onesto, ché la provocazione positiva è stare a quello che il film invece dice e vuol dire … a noi, e non divagare! Attori da Castellitto a Gamba a Sperduti tutti ben compresi nel loro ruolo e quindi tutti credibili, Sergio Castellitto su tutti … che in realtà è Pupi Avati sotto mentite spoglie: infatti la sceneggiatura è sua. Il film dura 94 minuti ma volano via e la colonna sonora del duo Gregoretti – De Rosa è in sintonia con le immagini e le loro “aure” vagheggiano in modo superbo il Medioevo.

Lettera dopo 77 giorni di guerra

Cari amici,

davanti a questa orribile guerra in Ucraina, è forse il caso di ricordare le parole con cui papa Francesco ci invitava un paio d’anni fa a far fronte alla pandemia: “peggio di questa crisi c’è solo il fatto di sprecarla”! Ma allora come viverla? E che significa “vivere” una situazione in cui si assiste impotenti ad una ferocia inaudita che non risparmia città e civili innocenti? In queste ultimi giorni poi si sono aggiunte reali avvisaglie di guerra mondiale.

Fallita finora ogni via d’uscita sul piano diplomatico, non è affatto ingenuo né fuorviante ricorrere ad un “tipo di diplomazia” che nulla ha a che fare con quella tentata finora da turchi, israeliani e dalla Santa Sede.

La stessa preghiera e il digiuno sono parte della possibile soluzione del conflitto ma non sono la soluzione. Sarebbe ridicolo infatti pensare che Dio possa risolvere i nostri problemi: l’immagine di un Dio tappabuchi non ci riguarda.

E poi la “libertà” Lui non la tocca – tanto meno “deve” (semmai “può”) toccare il “cuore” dei responsabili coinvolti nel conflitto. In questa direzione va un recente Tweet di papa Francesco: «Preghiera carità e digiuno non sono medicine solo per noi, ma per tutti: possono infatti cambiare la storia, perché sono le vie principali che permettono a Dio di intervenire nella vita nostra e del mondo. Sono le armi dello Spirito!».

La prima chiarezza da fare è quella di prendere consapevolezza che dobbiamo assumerci questa “guerra” (altro che operazione speciale!) come una situazione che ci riguarda in prima persona, direttamente. Sull’eterno vizio di schierarsi a cui nessuno di noi è immune, deve prevalere “una posizione umana” che nell’invasione criminale di Putin identifichi, prima ancora che un evento politico-militare, un fatto di natura morale, un “male” senza misura e senza alcuna giustificazione!

Putin è un poveraccio ma è un problema… “nostro”! Il che non autorizza né all’acquiescenza, come vorrebbero i pacifisti che caldeggiano la resa dell’Ucraina (da respingere anche se la stessa Ucraina per assurdo fosse favorevole), né allo “scivolamento” progressivo, come già nel ’39 con Hitler, in una escalation verso una guerra mondiale.

Al riguardo non ci sono le condizioni storiche per istituire un paragone tra l’escalation hitleriana e questa putiniana. Ma c’è un’analogia per lo scivolamento in un contesto conflittuale tra blocchi mondiali contrapposti. Così come c’è un analogo senso di impotenza, per un aggressore a cui si contrappongono una serie di nazioni che non hanno alcuna intenzione di lasciar correre – e le annessioni della Crimea e del Donbass, sono atti di una provocazione e sopraffazione che ci umiliano tutti.

Occorre il realismo “diplomatico” del pregare e dello sperare cristiano. Mi spiego. Non l’atto squisitamente religioso del pregare come fuga, ma come giudizio aperto a ogni mezzo pensabile e possibile, “creativo” come ha dichiarato il Papa.

Un giudizio quindi che non discende da una volontà esasperata di chi non sa come venir fuori da questa situazione disperante, in un utopico tentativo di tenere sotto controllo la realtà. Il Dio cristiano viene a cercarci (“Lui ci ha amati per primo”), a immischiarsi nelle nostre vicende umane, anche quelle troppo umane e scandalose come la guerra. Ma questo giudizio del pregare e sperare cristiano implica un diverso modo di concepire l’affronto dei problemi … il Signore non può risolvere nulla se, una volta cessato il conflitto (magari perché Lui ha saputo “suggerire una via di uscita” a qualcuno), noi ritorneremo quelli di prima!

Perché? ma perché tanto si ripresenterebbe da capo la tentazione “putiniana” della sopraffazione (forse con altri nomi).

E quindi…? saremmo daccapo! Pertanto, è il momento di cogliere l’occasione – tutti – di cambiare atteggiamento e sguardo sulla realtà, avremo così le condizioni perché il Signore ci venga in aiuto

Perché di questo si tratta: di morte e distruzione o vita vera! Ad esempio, gran cosa sarebbe che in Occidente si correggessero almeno due false idee:

  • una, che la libertà di scelta sia “la” libertà, mentre una libertà senza un contenuto è un inganno, una menzogna, un vuoto a perdere!
  • l’altra è la visione dell’uomo senza un destino ovvero la convinzione che sia lui stesso l’artefice del proprio destino. Che non ci sia un partner per il proprio destino è un’altra menzogna. Che se ne abbia uno di destino appare evidente in questa circostanza senza via d’uscita.

È pertanto il caso di non aspettarsi un miracolo ma un cammino di cambiamento. Pregare e sperare cristianamente non è né un’uscita di sicurezza né una soluzione di comodo. È un autentico dramma! Davanti a questi nuovi venti di guerra abbiamo un impercettibile e flebile soffio di speranza, che Dio diventi un reale partner nel nostro destino, in modo da aprire scenari alternativi al sempre più probabile “incenerimento” nucleare.

La storia per un cristiano e per uomini che siano degni di questo nome, non è mai un dejà vu … ritengo che sarebbe più facile per Dio far finire questa guerra (di Putin) che cambiare il nostro cuore!!

Potrebbe perfino essere che Egli “permetta” una guerra nucleare per riuscire a cambiarci … e immischiandosi così nelle nostre vicende, Egli non sarà stato colui che decide o determina il nostro destino, ma soltanto uno dei partner nel nostro destino!!

Senza questo soffio di speranza, non ci resta che chiedere alla polvere, parafrasando un famoso romanzo di John Fante … o forse più realisticamente “alla cenere”, come recita il Qoelet.

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